Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXII – 22 febbraio 2025.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Malattia di Alzheimer: la segnalazione EphA4 elimina sinapsi alterando la cognizione. Il declino cognitivo che caratterizza l’esordio clinico della malattia di Alzheimer è in gran parte attribuito alla perdita di sinapsi dell’ippocampo. Nell’eliminazione delle sinapsi eccitatorie, si è individuato il malfunzionamento degli astrociti quale causa primaria, ma i meccanismi cellulari di questo processo patologico finora sono rimasti indefiniti. Xin Yang e colleghi hanno dimostrato che la delezione specifica negli astrociti di EphA4 (erythropoietin-producing hepatocellular A4) ristabilisce la perdita di sinapsi eccitatorie nei modelli murini della malattia. La delezione astrocitaria, infatti, comporta la riduzione della reattività astrogliale, dell’attivazione del complemento e dell’inglobamento astrocitico delle sinapsi eccitatorie dell’ippocampo. In breve, la EphA4 astrocitica è un’importante segnalazione cellulare che regola la perdita di sinapsi ippocampali e la disfunzione sinaptica nella malattia di Alzheimer. [Cfr. PNAS USAAOP doi: 10.1073/pnas.2420324122, 2025].

 

Un ensemble di astrociti nel nucleo accumbens modula associazioni stimolo-risposta. Irene Serra dell’Istituto Cajal di Madrid e colleghi, adoperando AstroLight, uno strumento che traduce i segnali di calcio mediati dall’attività astrocitica in espressione genica in modo luce-dipendente, hanno identificato un subset di astrociti funzionalmente specializzato che emerge per attività durante i comportamenti motivati da stimolo nel nucleo accumbens, il grande “centro integratore” del sistema a ricompensa. I ricercatori hanno dimostrato che questo insieme cellulare astrogliale è essenziale per modulare le associazioni stimolo-risposta. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-025-01870-0, 2025].

 

Ictus cerebrale: individuati i progenitori stromali necessari per la rigenerazione. La rivascolarizzazione funzionale è un processo chiave per il recupero dopo gli episodi di danno infartuale cerebrale da vasculopatia acuta (ictus), e richiede il rimodellamento e la rigenerazione di vasi sanguigni, intorno a cui si localizza il compartimento stromale del cervello. Le cellule progenitrici stromali (SPC) sono cruciali per la rigenerazione dei tessuti, ma nel cervello non sono state ancora individuate. Louis-Philippe Bernier e colleghi hanno identificato nel cervello adulto periciti e fibroblasti perivascolari quali sub-popolazioni distinte di SPC che coordinano la rivascolarizzazione dopo ictus e la formazione della cicatrice [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-025-01872-y, 2025].

 

Narcolessia come potenziale fattore di rischio per lo sviluppo di Schizofrenia. Il FinRegistry, che contiene dati provenienti dal totale della popolazione della Finlandia (7.2 milioni di individui), è stato sfruttato per indagare con metodo epidemiologico-statistico il rapporto tra la più grave malattia ereditaria del sonno, ossia la narcolessia, e la schizofrenia, ossia il più grave dei disturbi psicotici, caratterizzato da deliri, allucinazioni, sintomi negativi e deterioramento cognitivo. La narcolessia è caratterizzata da crisi di sonno improvviso, frammentazione del sonno, cataplessia, allucinazioni ipnagogiche e spossatezza diurna. Nel team di studio, guidato da Reyhane Eghtedarian, sono stati inclusi centinaia di collaboratori. I risultati indicano un rapporto causale in cui la narcolessia accresce la probabilità di sviluppo della schizofrenia. Naturalmente, sarà necessario definire la base neuropatologica di questo rapporto per confermare il nesso tra i due disturbi. [Cfr. Translational Psychiatry – AOP doi: 10.1038/s41398-025-03259-w., 2025].

 

I giovani obesi tendono ad assumere più calorie di sera aggravando l’obesità. Uno studio condotto sugli adolescenti, adoperando un protocollo per distinguere le influenze separate del sistema circadiano endogeno, del ciclo digiuno/pasto e del ciclo sonno/veglia (Forced Desynchrony Protocol), ha accertato che i partecipanti obesi o in sovrappeso tendevano ad assumere una maggior quota di calorie nelle ore tarde della giornata. Rispetto ai ragazzi e alle ragazze in normopeso il ritmo circadiano dell’assunzione calorica risultava alterato, con picchi più tardi nella giornata e maggior desiderio di cibo verso sera, quando aumenta la probabilità di conversione in grasso di deposito dei composti assunti in eccesso rispetto al bisogno energetico del momento. Dunque, questa tendenza, che alimenta a circolo vizioso il sovrappeso, non sembra avere primariamente un’origine psicologica secondo una tesi ancora sostenuta da alcune scuole di psicologia. Sarà interessante verificare la conferma in altre fasce d’età. [Cfr. PNAS USAAOP doi: 10.1073/pnas.2407907122, 2025].

 

Gli scimpanzé sono più bravi nell’uso del computer quando hanno un pubblico. Ricercatori dell’Università di Kyoto, in Giappone, hanno rilevato che nelle semplici prove di tipo cognitivo somministrate a primati non umani con l’ausilio di un computer, usato dalle scimmie nel più schematico dei modi, ossia premendo un tasto per interagire con le rappresentazioni che compaiono sullo schermo, gli scimpanzé offrono prestazioni migliori quando sanno di essere osservati, ossia hanno un “pubblico”. Nella realtà umana accade invece più spesso che, quando si è osservati, si generi un grado variabile di reazione da stress che, anche se di poco, riduce l’efficienza della prestazione. Sapere di essere osservato, per lo scimpanzé vuol dire accrescere l’attenzione sul compito. [Fonti: Vishwam Sankaran e iScience, Feb 20, 2025].

 

Due pecore martedì scorso hanno condotto un esperimento involontario andando nel traffico cittadino. Martedì, alla periferia est di Adelaide intorno alle 18, all’incrocio tra Portrush Road e Kensington Road, gli automobilisti hanno visto apparire d’improvviso due grandi pecore lanose che si apprestavano ad attraversare la strada. Uno degli automobilisti ha riferito – a proposito della scena ripresa dalle telecamere di controllo del traffico veicolare – che le pecore hanno scelto di attraversare mettendosi dietro la sua auto, in tal modo ottenendo uno schermo e una guida sicura da seguire, per non essere travolte dai veicoli di passaggio. Il comportamento “intelligente” di queste due pecore, che sono passate da uno spazio riservato ai pedoni direttamente al collocarsi dietro un veicolo, cercando di non perdere il contatto per avere guida e protezione, è davvero esemplare e fornisce più informazioni sulle abilità cognitive di questi animali di compiti formalmente definiti in protocolli sperimentali. [BM&L-International, Feb. 18, 2025].

 

Appunti e curiosità su abitudini alimentari e cucina presso i Romani antichi. La scorsa settimana, discutendo dell’importanza dei costumi alimentari per prevenire le malattie che dipendono da alterazioni della flora microbica dell’intestino (v. in Note e Notizie 15-02-25 Notule: I nuovi studi su microbioma intestinale e asse cervello-intestino evidenziano l’importanza dei costumi alimentari), abbiamo ravvisato la necessità di evitare i prodotti alimentari industriali e tornare alla preparazione casalinga dei cibi.

In alcuni studi psicologici su volontari, si è rilevato che la massima parte dei partecipanti quando immaginava alimenti graditi, in più della metà dei casi, pensava a prodotti industriali e, per il resto, a specialità di pasticcerie, rosticcerie, ristoranti. Si dovrebbe ritrovare la semplicità naturale di pensare in primo luogo a cibi che si mangiano così come sono (frutta, insalata, ecc.) e piatti che si possono preparare con una semplice cottura, che non richieda particolari doti culinarie o tecniche di sofisticazione. Oppure, si può imparare a cucinare in modo sano, magari prendendo spunto dalla cucina semplice degli antichi.

Per sensibilizzare su questo argomento, abbiamo proposto dei cenni di storia della cucina italiana, prendendo le mosse dalla scoperta degli affreschi etruschi in località Settecamini (Orvieto) che rivelano una stupefacente tradizione culinaria (v. Si è scoperta una tradizione culinaria etrusca più antica e ricercata di quella romana) nota a pochi; poi abbiamo proseguito con i costumi alimentari romani, interrompendoci all’epoca del De re coquinaria di Marco Gavio Apicio, da dove oggi riprendiamo.

 

Con l’espansione dei territori conquistati e il raggiungimento di un benessere economico diffuso a tutte le classi di cittadini romani, scomparvero i tanti uomini che per ragioni militari, di lavoro, commercio ed esigenze varie, trascorrevano intere giornate in attività recando con sé, in una sacca di pelle, solo un pezzo di formaggio o un frutto. Antropologicamente, lo stile del militare in campagna di conquista non era più considerato un modello universale di uomo, e la virtù della matrona che digiunava per sfamare i propri figli e nutrire le ancelle più bisognose perché incaricate dei compiti più faticosi, sembrava non essere più necessaria. Ormai non solo i più ricchi, ma tutti, tranne gli indigenti per gravi cause, potevano disporre costantemente di una certa quantità del primo sostituto delle monete di metallo pregiato: il sale; il cloruro di sodio era così ricercato da essere impiegato a peso per i militari come stipendio, detto appunto salario.

La Via Salaria, che nasce su un tracciato dei Sabini esistente prima della fondazione di Roma, fu una via consolare impiegata per trasportare il sale dai luoghi di produzione sul mare verso l’interno e, in massima parte, nella città di Roma. Il sale, quando ancora non si conosceva la refrigerazione, rappresentava l’unico modo per conservare i cibi per più giorni e anche più a lungo. Il pane e le focacce che fungevano da piatti su cui porre i cibi umidi e conditi, si impastavano sempre senza sale; si vide che aggiungendo sale all’impasto del pane, si evitava che ammuffisse dopo pochi giorni e, per questo, si cominciò a salare il pane destinato ad essere consumato un poco al giorno.

Il benessere originato dalle conquiste, creava in continuazione nuovi ricchi, che puntavano a conquistare il centro dell’attenzione sociale mediante un mezzo di propaganda, ascesa sociale e conquista di favore, consenso, credito e reputazione: il banchetto aperto al pubblico. Non era una semplice tavola imbandita di grandi dimensioni, ma una sorta di palcoscenico con una strabiliante scenografia, coreografie inusitate, musici provetti, addobbi floreali, essenze profumate collocate in punti strategici dello spazio, nel mezzo del quale si snodava la sontuosa mensa decorata con gusto, e sormontata da vasi, bottiglie e altri recipienti di vetro colorato tra trionfi di frutta scelta e disposta a formare disegni armonici e sorprendenti per il diletto della vista. Ogni invitato era attore e spettatore allo stesso tempo.

In proposito, Paolo Petroni scrive: “Molti dilapidarono i loro patrimoni in conviti e banchetti imbanditi con l’unico scopo di stupire i commensali: decine di portate e coreografie inusitate…”[1]. La notizia più citata di questi banchetti viene da Petronio Arbitro che, nel Satyricon (I secolo d.C.), narra della fastosa, sontuosa e strabiliante cena offerta dal ricco mercante Trimalcione. Ma, se la straordinaria cornice poteva già da sola impressionare, l’effetto di stupore, che doveva indurre gli invitati a parlarne e a scriverne, era affidato dall’anfitrione alle portate condotte su vassoi d’oro, argento o bronzo: cervelli di pavone, lingue di fenicottero, pappagalli, ghiri, tassi e cacciagione di ogni specie, ma i commensali non dovevano solo stupirsi, dovevano anche gustare pietanze che avrebbero soddisfatto la loro gola: le vulve di scrofa vergine erano considerate una delizia dai buongustai romani.

Ma, accantonate queste eccezioni imitate, celebrate e tramandate storicamente, nella realtà quotidiana la cucina romana tendeva a operare, nel modo più semplice ed efficace possibile, una sintesi tra il piacere del gusto e il valore della genuinità nutritiva, intesa secondo il sapere del tempo.

La volta scorsa abbiamo introdotto il De re coquinaria di Marco Gavio Apicio, a proposito del quale notiamo di passaggio che gli storici, non avendo trovato alcuna attestazione di una gens Apicia e avendo reperito tracce solo per altri due soggetti appellati in questo modo, peraltro distanti tra loro nel tempo e nei luoghi, propendono per l’ipotesi che “Apicio” fosse un soprannome e un nome di intesa, adottato per intestare il ricettario al gastronomo buongustaio più celebrato nella memoria orale dell’epoca. Unanimemente considerato il primo vero libro di cucina della storia, anche se il manoscritto più antico sembra risalga al V secolo, la prima stesura deve risalire proprio all’epoca di Marco Gavio Apicio[2], vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., perché molte ricette contengono fra gli ingredienti il silfio o laserpicium, pianta estinta già a partire dal primo secolo. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia (77-78 d.C.), narra che gli ultimi esemplari di laserpicium furono regalati a Nerone come testimonianza di un prezioso dono di natura ormai perduto.

Le proprietà salutari del silfio, in parte accostate a quelle dell’aglio e della cipolla per il contenuto in solfo-metil-mercaptani comune ad altre ferule, erano superate dalla qualità che lo aveva reso popolare virtualmente in tutto il mondo antico, a cominciare dal bacino del Mediterraneo: conferiva alle pietanze e a ogni altra preparazione alimentare, in cui fosse aggiunto come ingrediente, un sapore ricco, variato al suo interno, e graditissimo a tutti coloro che avevano modo di assaggiarlo[3].

Recentemente (2021) è stata avanzata un’ipotesi secondo cui il silfio non si sarebbe estinto, ma si sarebbe estinta solo una varietà in uso in tempo antico e che il vegetale si possa identificare con la Ferula drudeana, una pianta originaria della Cappadocia, una regione meridionale dell’attuale Turchia[4]. Ma gli storici, pur non mettendo in dubbio la bontà della ricerca che definisce con rigore la somiglianza molecolare fra questa specie e quella estinta, rimangono scettici se non del tutto avversi a questa identificazione per un semplice motivo: abbiamo del silfio innumerevoli riproduzioni grafiche antiche, molte delle quali su monete, tutte molto simili fra loro e senza alcuna somiglianza con l’aspetto della ferula di Cappadocia[5]. Inoltre, se si tratta della stessa pianta, ci si può chiedere come mai abbia perso tutte le virtù gastronomiche che ne avevano fatto un mito nell’antichità.

Il racconto mitico voleva che il silfio fosse un dono di Apollo agli uomini, nato probabilmente per celebrare enfaticamente una realtà che aveva indotto i Romani ad affermare che quella pianta valesse il suo peso in denari. Infatti, questo vegetale appartenente alla famiglia delle Apiaceae, originariamente era coltivato solo in un’area ristretta della Cirenaica, nella odierna Libia, da dove si esportava in tutti i paesi circostanti. Catullo nel carme 7 del suo liber dice: “Cirene ricca di silfio”, e infatti la pianta, utilizzata in cucina e come medicinale impastata nel pane, in preparazioni che sono state paragonate al pan di ramerino in vendita nel Rinascimento presso le spezierie fiorentine, costituiva la maggiore risorsa commerciale della città di Cirene, divenendone il simbolo per eccellenza, riprodotto in conio su molte sue monete. Chiamato anticamente “finocchio gigante”, il suo fusto nelle riproduzioni ricorda quello del carciofo, ma la sua morfologia è davvero unica, pur scontando una certa stilizzazione delle riproduzioni antiche.

Ma non si creda che l’aromatizzazione dei cibi fosse ristretta al silfio: nel De re coquinaria si citano oltre 60 fra aromi e spezie, e in ogni salsa se ne mettono almeno 10. È interessante considerare che in molti piatti, ad esempio di carne o pesce, non si cerca di giungere al sapore desiderato mediante lunghe cotture, ma con l’aggiunta del condimento preparato a parte. In altri termini, si tendeva a preservare quella naturalità che oggi leghiamo al valore nutrizionale, di un taglio di manzo, di una coscia di montone, di un pollo o di un branzino, con una cottura sufficiente ad eliminare l’effetto di crudo o abilmente condotta a produrre la rosolatura o il gusto dell’arrosto, ma senza mai esagerare. Su tutto veniva cosparso il celebre garum: una salsa a base di interiora di pesce conservate in salamoia. Il garum, aborrito dalla raffinatezza dei gastronomi moderni, in un certo senso è sopravvissuto in alcune ricette brasiliane di moqueca di pesce, in cui si utilizzano le teste e le interiora di pesce.

Delle ricette del primo libro di cucina nessuna è stata adottata dai cuochi dei secoli recenti, anche se si rilevano somiglianze, ad esempio nella preparazione di alcuni dolci.

 

[continua]

 

Notule

BM&L-22 febbraio 2025

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Paolo Petroni, A tavola con gli Etruschi e i Romani, in Il libro della vera cucina fiorentina, p. 12, Giunti, Firenze 2009.

[2] Plinio il Vecchio narra che Marco Gavio Apicio convinse Druso, figlio dell’Imperatore Tiberio, a non mangiare più cime di cavolfiore in quanto cibo volgare, adatto al popolo minuto e non a una persona appartenente alla famiglia imperiale.

[3] Oggi è facile immaginare che, oltre agli ipotetici composti aromatici presenti nel finocchio e in altri ortaggi, contenesse glutammato monosodico, l’esaltatore di sapore per eccellenza, che costituisce una specifica categoria del gusto, detta “umami”, indipendente da dolce, amaro, acido e salato.

[4] Mahmut Miski, Next chapter in the legend of silphion: preliminary morphological, chemical, biological and pharmacological evaluations, initial conservational studies, and reassessment of the regional extinction event, in Plants 2021.

[5] E in proposito il lettore può constatare de visu, confrontando le riproduzioni fotografiche reperibili in rete.